PRIMA PAGINA - 05/03/2008

Orgoglioso di essere contro il maschilismo.
Da sempre e davvero

DI BORIS SOLLAZZO

"Le donne sono tutte troie". Un tormentone negli ultimi venerdì in cui siamo stati insieme, io, Emilio e voi ascoltatori. Ora mi auguro di non sopravvalutare le vostre e nostre intelligenze se dico che tutti voi sapete che dietro questa frase c'è esattamente il contrario, dietro lo scherzo su questo clichè c'è un profonda consapevolezza dell'oppressione della donna, e soprattutto un radicale odio verso il maschilismo.
E' nato tutto commentando il film di Pieraccioni, "Una moglie bellissima". Indignato, nella mia critica ho segnalato come la cosa più irritante del film proprio il messaggio che "alla fine le donne sono tutte troie". Non è un mistero, infatti, che la trama raccontasse di una donna che si vendeva per una "proposta indecente" e che addirittura, per questo, veniva prima stigmatizzata e poi, nel lieto fine, subiva un incidente e un handicap permanente, tanto per sottolineare la morale maschilista (e vergognosa) che una donna indipendente vada punita. Il tanto celebrato (anche a "sinistra") Pieraccioni nel suo ultimo film vende a poco prezzo la cultura dell'oppressione, e pochi ci hanno fatto caso.
L'aver detto questa frase ha provocato immediatamente la reazione di un'ascoltatrice assai distratta che mi intimava di "chiedere scusa a tutte le donne". Io, indignato e ferito, ho subito sottolineato che era un equivoco doloroso per me: io criticavo il Pieraccioni becero maschilista e quindi la frase non era espressione del mio pensiero, ma, almeno a mio parere, del suo.

Da qui è nato un tourbillon di messaggi e prese in giro, che sostenevano scherzosamente che la paternità della frase fosse mia. Lo scherzo era tale proprio perchè per tutti gli ascoltatori era così assurdo che io potessi pensare una cosa del genere che, nello spirito ironico e dissacrante dello spazio condotto da Emilio Pappagallo, rappresentava una provocazione suprema nei miei confronti attribuirmela. Così sia Emilio che molti ascoltatori hanno fatto diventare la frase un tormentone, proprio per sottolineare l'assurdità, la beceraggine e l'idiozia di una affermazione come "Le donne sono tutte troie". E' diventato un gioco tra tutti noi che serviva, con una sana dose di politicamente scorretto, a deridere la mentalità maschilista (proprio come Emilio ed io facciamo con il razzismo e l'omofobia, per esempio).

Vi ho raccontato questo avvenimento perchè ho subito critiche feroci da parte di alcune femministe che, senza chiedermi alcun confronto (che avrei volentieri accettato per chiarire l'equivoco), hanno cominciato a far girare su di me voci nolto spiacevoli, attraverso un passaparola che mi ha già provocato danni sul lavoro e nella vita personale e che presumibilmente ne creerà molti altri.

Ma la cosa peggiore è che mi colpisce in una delle cose in cui credo di più: i miei valori, ciò in cui credo, in cima ai quali c'è proprio la determinazione a lottare contro il patriarcato, ovvero contro una società fondata sull'oppressione della donna così come di omosessuali, lesbiche, trans e queer. Chiunque non accetti i canoni di questa società, dettati da millenni dalla supremazia maschile.

Chi mi attacca parla di registrazioni. Certo, le nostre parole estrapolate dai nostri toni e dal contesto noto a tutti gli ascoltatori, possono essere equivocate. Ma queste stesse persone, offese da quelle frasi, e così attente a sentire le nostre trasmissioni, non mi hanno mai sentito elogiare i film che contrastavano il maschilismo? Scagliarmi contro la violenza domestica, e non, sulle donne? Parlare con Jelena e raccontarle perchè quella frase, attribuita a me, mi aveva tanto ferito, che lavoro c'era stato dentro di me per superare le barriere di un maschilismo di stato, che ti viene inculcato con l'educazione e la consuetudine politica, civile, sociale?

Queste persone che si attaccano alle parole e non ai contenuti, non sanno che i miei principi di libertà, uguaglianza, autodeterminazione, io li propugno giorno dopo giorno nel mio lavoro, anche a costo di ripercussioni e ritorsioni dolorose? Visto che, come ogni gionalista precario, sono sempre sottoposto a pressioni e condizionamenti. Ma, come sa chiunque mi conosce davvero, non ho mai rinunciato a lottare per quello in cui credo.

Non voglio fare la vittima, ma so una cosa: odio profondamente il maschilismo. E per me queste non sono parole, ma un modo di vivere, pensare, agire. E lo stesso vale, sono sicuro, per Emilio Pappagallo. Con cui sono fiero di percorrere una strada che va al di là del qualunquismo e delle ipocrisie del politicamente corretto.

Detto questo se ho offeso qualcuno, mi dispiace. Ma vi prego, non offendete la vostra intelligenza fermandovi a un ascolto superficiale e distratto. Credo che Emilio possa risalire alle registrazioni, così da rendere inequivocabile quello che vi ho scritto.

Detto questo, Emilio ed io la frase incriminata non la diremo più, per rispetto a chi ci ha criticato. Ma è una sconfitta proprio per la lotta sui diritti che io vivo da sempre. Pronunciarla come lo facevamo noi era mostrarne l'aspetto ridicolo, ripugnante, fascista. Tacerla, invece, è lasciarla alle battute sottovoce dei maschilisti da bar, che così non si vergognano a dirla, a quelli che usano il politicamente corretto fuori casa. E poi le mani, i coltelli, la violenza morale in casa.

Scusate lo sfogo, e prego chiunque dubiti del mio odio per il maschilismo di confrontarsi con me. Democraticamente, e non farmi un processo sommario, stalinista, per sentito dire.
Scrivetemi, telefonate a RadioRock, mandate messaggi. Sarò felice di spiegare la mia posizione. Perchè una sola cosa ha di buono quest'amarissima (per me) vicenda: è un'occasione in più per sottolineare l'arretratezza di un paese che relega la donna in secondo piano, che la violenta e la umilia.

Io ho lottato, lotto e lotterò sempre contro il maschilismo, come contro ogni prevaricazione. E ne sono fiero.